Dopo che è morto il carnevale, nei paesi salentini, si usa ancora fabbricare un fantoccio raffigurante una donna brutta e sdentata con in mano la conocchia cui vengono applicate sette penne di pollo.
Lo "scarcagnulu", altrove chiamato "munaceddhu" o "sciacuddhi", è uno spiritello che vive tra le mura delle case, terrorizzando il popolino che diventa succube di questa "religione della paura".
Alla periferia di Brindisi si racconta che vi fossero alcuni pozzi chiamati " pozzi fetenti". Si vuole che durante le lotte tra Normanni e Bizantini (1059-1062)...
Il protagonista dell'artigianato ottocentesco salentino, fu "lu tilaru", il telaio casalingo, ora definitivamente tramontato, usato dalle nostre donne per tessere vestiti di panno e coperte bellissime.
Nel '500, quando non era neppure pensabile all'attuale, sia pure scarso l' acquedotto pugliese, l'approviggionamento idrico pubblico veniva assicurato, ai galatonesi, da una Trozza, nome col quale il popolo indicava un pozzo profondo oltre 50 metri, esistente nel cuore dell'abitato.
In alcuni comuni Leccesi un tempo era in uso dare il pane di grano - molto raro naturalmente presso la povera gente - soltanto alla malato grave ritenuto ormai spacciato. Proprio in questa occasione era frequente l'espressione:"è trasutu a pane de ranu".
Felline e il Ninfeo -venerdì 3 maggio 2019 Alcuni scrittori nostrani documentano l'esistenza presso Felline di un Ninfeo