2a edizione, pp.320 Il volume rappresenta un ottimo supporto per ricordare la storia delle centinaia di ebrei scampati in Albania dai campi di concentramento nazisti, che tra la primavera e l’estate del 1945 furono portati da Durazzo a Bari e da qui nel Salento, e in particolare nel campo profughi di Tricase, oggetto della pubblicazione. Una ampia recensione a questa pubblicazione è stata scritta nei giorni scorsi da Vito Antonio Leuzzi, presidente dell’Istituto Pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea (IPSAIC) sulla «Gazzetta del Mezzogiorno». Qui Leuzzi sottolinea come le vicende di Tricase vengono attentamente analizzate da Morciano sulla base di documenti e soprattutto di diverse testimonianze dei suoi concittadini. Le origini del campo «39 di Marina Porto di Tricase» risalgono ai primi mesi del 1944 per sistemare migliaia di civili e partigiani slavi, serbi e croati, che trovarono protezione nella nostra regione, sin dal 1943, per sottrarsi ai rastrellamenti degli uomini di Hitler sull’altra sponda dell’Adriatico». In particolare, «Morciano raccoglie una significativa testimonianza di Golda Blanaru, una ebrea rumena che visse l’esperienza diretta del «Camp nr. 39», stabilendosi definitivamente nella città salentina, dopo aver contratto matrimonio con Ferdinando Pompeo Sparisci. Egli recupera, inoltre diversi documenti sulla felice permanenza a Tricase dei nuclei familiari ebraici, in particolare le annotazioni del registro personale di una maestra relative ad una bambina, Geltrude Krausz, di origine tedesca e proveniente dall’Albania, che frequentò per alcuni mesi l’ultima classe delle elementari». <>